Pisello Restaurant

Quante volte ci capita di cercare qualcosa e di trovarne un’altra che ormai avevamo dato per scomparsa? E’ capitato a me pochi giorni fa quando mi è letteralmente riapparso davanti il biglietto da visita di un ristorante “ricordo” del mio primo viaggio a New York tanti anno fa. Biglietto che avevo cercato più volte in passato, in particolare nell’occasione del mio secondo viaggio a N.Y.. In quella volta cercai di ritrovare “a memoria” il ristorante contando sul fatto che Manhattan è piuttosto semplice da girare. Non mi riuscì di ritrovare il ristorante e solo ora, biglietto di visita ed indirizzo in mano, ne comprendo il motivo. Il Pisello Restaurant non esiste più; chiuse l’anno successivo al mio viaggio per essere sostituito dal Cuba Cafe, un locale completamente diverso tutt’oggi ancora in attività.

Mentre rigiro tra le mani il vecchio biglietto da visita ripenso a quel lontano giorno d’ottobre: ricordo una giornata di sole disturbata da un vento non forte ma freddo. Io e il mio amico nel corso della mattinata avevamo già preso un paio di caffè per scaldarci le budella ma, vista l’ora e la necessità di ricaricare le batterie dopo la lunga camminata, stavamo valutando le possibili soluzioni per il pranzo. A quell’ora spuntano come zombi dopo il tramonto delle figure che io definirei “butta-dentro”. Davanti ad ogni ristorante, bar, caffè e negozio d’ alimentari questi personaggi, a volte dall’aspetto “umano” ma spesso vestiti da improbabili paperi o panini umani, ti sbattono davanti al naso un pezzo di carta colorato che spacciano per il fantastico menù del giorno offerto dal locale; i più aggressivi arrivano quasi a tentare di trascinarti all’inteso del locale coinvolgendoti in un surreale balletto fatto di scatti e finte. Avevamo superato da poco un’area infestata da zombi quando ci trovammo di fronte ad una graziosa ragazza dai capelli rossi vestita di nero, un nero informale ma comunque elegante. Non disse una parola, accennò un sorriso amichevole ed aprì la porta che le stava alle spalle invitandoci ad entrare nel “Restaurant” (per un attimo avevo intravisto la parola scritta sulla porta del locale che all’esterno era sostanzialmente anonimo). Come automi entrammo nel ristorante accompagnati da un ragazzo, pure lui vestito di nero, che ci fece accomodare al tavolo per poi lasciarci soli per qualche instante. Quel minuto ci fu utile per prendere consapevolezza di quello che era successo e dove ci trovavamo: il locale era piccolo, pochi tavoli, pochissimo personale, arredamento semplice ed elegante in linea con le divise del personale. Un particolare che notammo subito fu che il personale era tutto gay. Ci venne da ridere pensando che mentre davanti a tutti i locali dove eravamo passati i butta-dentro erano tutti uomini (spesso ridicoli) nel locale a gestione gay il butta-dentro era una donna, una bella donna (considerazione personale). Fu così che quando tornò al tavolo il ragazzo per prendere le ordinazioni gli puntai contro (amichevolmente) un dito accusatore e gli dissi in dialetto qualcosa come “Tu ci hai preso in giro amico!”. Il ragazzo in qualche modo capì perché si mise a ridere; dalla cucina spuntò anche la testa del cuoco messicano che, sentendoci parlare in veneto, aveva colto qualche assonanza con lo spagnolo (amigo?). Fu così che avemmo modo di fare due chiacchiere in un inusuale misto di italiano-inglese-spagnolo-veneto; chiacchiere che ci fecero conoscere il “piccolo mondo” rappresentato dal personale del Pisello Restaurant. Un gruppo multietnico di scuola culinaria Francese innamorati della tradizione Italiana. Il risultato? Un mega piatto di agnolotti dal gusto strepitoso! Onestamente avevamo provato un attimo di terrore all’arrivo dei piatti ,vedendo gli agnolotti circondanti da una trincea di polvere bianca come fossero delle fette di pandoro imbiancate dallo zucchero a velo, ed invece scoprimmo un gradevole sapore di vaniglia che ben si legava con il resto degli ingredienti. Ingredienti che dopo tanti anni purtroppo non ricordo; solo la vaniglia mi è rimasta impressa nella memoria, oltre il buon sapore complessivo della pietanza.

Come ho detto dopo tanti anni di quell’esperienza mi rimangono il ricordo di una buona mangiata, la simpatia del personale del locale, la loro ironia (Pisello…), la nostalgia e la consapevolezza di non poter più rivivere quel momento ed un dubbio: ma la ragazza rossa butta-fuori era muta? Fu l’unica a non aprir mai bocca.

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11 commenti

  1. E perché non tornare?
    Il locale ha cambiato nome ma forse la gestione è la stessa. Magari ritrovi pure la rossa.

  2. ahahah!!! “Pisello Restaurant” è fantastico! mai udito un nome più eloquente (e spiritoso…e “autoironico”, aggiungerei) per un locale gay! Mi spiace davvero che non esista più! Ci sarei andata volentieri (prima o poi riuscirò a volare negli States)
    p.s. pensavo che l’adescamento dei clienti tramite stazionamento all’esterno del locale fosse una specializzazione de li turchi, anche se in Turchia sono i camerieri stessi (o addirittura i titolari), o i proprietari dei negozi, a trascinarti dentro con la forza… :))

  3. Hai trasformato un banale pranzo in un romanzo. Che bello! Sarebbe stato bello esserci.

  4. La penso come Diana, e se invece degli agnolotti ti usciva il cannolo?
    E la rossa?
    Un trans? 😉

  5. @ leonardo – Tornare a NY? Sicuramente, non c’è due senza tre…prima o poi…
    @ cristina – Mamma li turchi!!!
    @ Diana e zago – Vi tengo d’occhio voi due ! 😉
    @ marta e Francesco – lieto d’avervi allietato.

  6. @ ventus85 – Si, associazione curiosa ma gradevole.
    @ bluetooth – Dopo tutti questi anni non ricordo quanto abbiamo pagato.
    Sicuramente non troppo…le fregature si ricordano più facilmente.

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