Panevin e Pinsa Veneta

pinzaSe il 5 Gennaio vi trovate ad attraversare le province del nordest è probabile che vediate dei falò accesi circondati da tanta gente in festa.
Si tratta del Panevin, una tradizione nata in epoca pre-cristiana e portata ai giorni nostri dalla cultura contadina dove,  sostanzialmente,  si brucia il passato, la “vecia” (un fantoccio) e si cercano buoni auspici per l’anno appena iniziato osservando la direzione presa dalle faville ed il fumo del falò. Se vanno verso est sarà un anno dai raccolti abbondanti, se vanno ad ovest…lasciamo perdere.
Il dolce tipico legato a questa festa è la Pinza (Pinsa), un dolce dalla ricetta “impossibile” perché è veramente difficile assaggiarne due fette preparate alle stesso modo. La ricetta non cambia semplicemente da zona a zona ma anche all’interno dello stesso comune se non addirittura da famiglia a famiglia (o panificio).
Di base si prepara unendo della farina di mais con della farina di frumento (oppure della zucca precotta in forno) con latte, burro e lievito. Una volta ottenuto un impasto omogeneo si aggiungono fichi secchi, uvetta e semi di finocchio. Questi ingredienti sarebbero sufficienti per la Pinsa ma, come ho detto, ognuno ha la sua ricetta speciale ed è praticamente impossibile dare un limite alle variabili; potreste trovarci del pane raffermo, mele, noci, pinoli, bucce di limone, semi di anice, ecc… Il tutto andrà aggiunto all’impasto che poi verrà lasciato riposare per un po’ e quindi versato in una teglia unta e infornato.
Come vedete non metto una ricetta dettagliata con dosi e tempi di cottura, come potrei?
Osservate la foto. Si vede benissimo che le prime due fette sono diverse da quelle che stanno sotto, come avrei potuto scegliere una ricetta piuttosto che un’altra?
In ogni caso tra questa sera e domani vedrò di assaggiarle entrambe e poi vi saprò dire com’erano.
Tutto questo (enorme sacrificio) ovviamente lo faccio in nome della scienza.

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10 commenti

  1. In friuli il falò chiamiamo pignarul, sul dolce ho qualche dubbio, l’ho già mangiato quello che hai descritto tu ma il nome pinza lo collego ad un dolce pasquale, una forma di focaccia.
    O mi sbaglio? Ufff!!!! Non ricordo, avrò un calo di zuccheri! Mi fai assaggiare la tua così recupero la memoria? 😛

  2. SEEEE!!!!!!! Cominciamo il 2013 con una bugia? Ma quale sacrificio! ma quale scienza! Sgancia una bella fetta di torta golosone!
    Bella grossa mi raccomando. 😀

  3. Saranno vent’anni che non mangio una fetta di pinsa e non lo dico così per dire!
    Dovrò trovare il modo di passare l’epifania in veneto nei prossimi anni.

  4. spesso i piatti tipici non hanno un’unica ricetta e gli ingredienti sono dosati a “occhio”. Il problema è carpirne i segreti , con “buon occhio” 🙂

  5. L’aspetto è invitante!
    Sto cercando di afferrare una fetta di dolce attraverso il monitor ma non ci riesco. Perché? 😛

  6. @ mex: La Mia? È già finita!
    @ zago: Ma siete tutti affamati? Mi spiace, devi accontentarti della ricetta.
    @ Sig Giovanni: Un’occasione per passare di qui anche lontano dall’estate. Giusto?
    @ dexter: Diciamo pure che si integrano con il cattolicesimo. Alla festa del panevin è possibile trovare anche i parroci che danno il loro contributo religioso.
    @ skip: …. e qui si comincia a parlare di “arte culinaria”.
    @ leonardo: Magari un giorno inventeranno il teletrasporto e allora pinsa per tutti!

    @ tutti: Ci si legge presto. Ciao.

  7. Il fatto che tu non abbia più scritto significa che ti sei sacrificato per la scienza fino a scoppiare?

    Anche dalle mie parti (zona a sud di Bari) si fanno dei falò giganteschi

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