L’uomo che parlava ai fili
Cosa serve per fare bene il proprio lavoro? Passione, competenza, motivazione, esperienza e, probabilmente, tante altre cose che in questo momento non mi vengono in mente.
Magari un pizzico di follia? Non dico quella (sana) follia che contraddistingue gli artisti ma la capacità di creare un proprio stile lavorativo in grado di rendere più semplice l’attività e magari sopperire a qualche nostro umanissimo limite.
Immaginate di trovarvi nella sala d’attesa di un qualsiasi professionista e che in uno degli uffici ci sia un elettricista al lavoro. Nulla di strano penserete, l’attività del professionista si svolge normalmente nelle altre stanze mentre l’elettricista se ne sta buono e tranquillo a lavorare nel suo angolo ed al massimo esce un attimo a prendere qualcosa dal suo furgone.
Insomma tutto nella normalità, nulla che vi possa distrarre dalla lettura della rivista vecchia di sei mesi che il bravo professionista vi ha lasciato sul tavolino per intrattenere la vostra attesa.
Ad un certo punto sentite la voce dell’elettricista, vi voltate verso l’ufficio (la porta è aperta) e lo vedere dialogare con i fili!
Quello che segue è grosso modo il “contenuto” del dialogo. Per dargli maggior “spessore” immaginatelo parlato in dialetto stretto della vostra zona.
«Tu filo rosso entra qui, e tu filo verde resta qua che dopo ti sistemo.
Filo nero…filo nero… dove sei? Ah, eccoti qua, bravo, vai…qui!
Filo giallo vieni fuori! Figlio di p**** mi volevi “fregare”! (le parole originali sono più colorite).
Dai filo verde ora tocca a te, entra! Perché non vuoi entrare? Ho capito… scusa filo rosso esci un attimo che facciamo passare prima filo verde. Ecco…così….bravo…fatto!
Mmmm, sembra tutto a posto e forse…NO!!!! Filo giallo! Ma sempre tu devi rompere i c****! Maledetto adesso ti sistemo io! Là! Così!
Bene bene, sono proprio contento, un bel lavoro».
Questa è la sintesi di un monologo durato quasi dieci minuti sotto lo sguardo delle numerose persone presenti nella sala d’attesa. Sguardi perplessi, sguardi divertiti ma anche sguardi estasiati come quello del bambino rimasto tutto il tempo a fissare a bocca aperta l’elettricista.
Mi aspettavo solo che ad un certo punto dicesse «Mamma! Mamma! Lo possiamo portare a casa?»
Parlo spesso da sola, perciò non mi stupisco… a volte dialogo con il mio armadio, o con le mie scarpe, figurati… ^__^
Nessuno ha chiamato il 118? Strano. 😆
@ Diana: Dialoghi tipo «Scusate ballerine, oggi è una brutta giornata, vi lascio a casa ed esco con gli stivaletti?» 😉
@ mex: Ed interrompere lo show? Mai! 😆
Eccentricità a parte speriamo abbia fatto un buon lavoro.
Eheheh! Mi Ha ricordato questo
Secondo me aveva qualche fusibile… fuori posto 😀 Scherzi a parte, anche a me capita di parlare ai componenti per computer, quando smonto i miei PC o quelli di amici per aggiornarli o per la pulizia annuale 🙂 Per fortuna non mi vede nessuno…
Capisco benissimo il bambino, uno così lo terrei sul comodino! 😛
per lavoro ho a che fare con diecine di migliaia di fili, ma sono talmente tanti che dovrei tenere un comizio. Ma a quest’ora, a seggi chiusi, non servirebbe a niente.
@ franco.ruggeri: Dicono sia bravo.
@ Virginia Danna: Sigh!!! Link incompleto, attendiamo sviluppi….
@ camu: La differenza è proprio li. Performance pubblica o privata? 🙂
@ leonardo: Il tipo era veramente grosso, il comodino non basta! 😛
@ il THeO: Qui si rischia di dover tornare a votare, puoi fare il comizio ai tuoi fili.
Provo a metterlo direttamente senza html,. magari viene meglio:
Mia sorella è uguale!
Lei parla alle piante e s’arrabbia pure se non fioriscono come piace a lei. 🙂
@ Virginia Danna: Molto meglio. Grazie. 🙂
@ campanellino: Le piante saranno stressatissime! 😛
Tornare a votare? No, no, no e poi no! 🙂
@ il THeO: Sogna THeO, sogna….. 🙂