MILLENNIUM – John Varley

Testimonianza di Louise Baltimore

Il DC-lO non avrebbe mai potuto farcela. È vero che si trat­tava di un ottimo aereo, anche se all’epoca la sua fama era ancora offuscata da un nugolo di controversie a causa degli incidenti avvenuti a Parigi e Chicago, ma quando si perde un pezzo d’ala di tali dimensioni non si ha più a che fare con una macchina volante, bensì con un mattone d’alluminio. E fu proprio come un mattone che arrivò giù il DC-lO: dritto dritto, in una spirale senza scampo.
Il 747, però, proprio come dicevo l’altro giorno a Wilbur Wright, è un aereo dotato di una delle cellule più affidabili che siano mai state costruite e sta alla pari col DC-3 Gooney Bird e col Fokker-Aérospatiale HST. Sta di fatto che questa balena dei cieli uscì meglio dalla collisione che non il DC-lO e anche se ferito a morte, riuscì ugualmente a raddrizzarsi e a riprendere il volo in assetto orizzontale e soprattutto a mantenerlo. Chi può dire quale sarebbe stato il suo destino, se non ci si fosse messa di mezzo quella montagna?
Non dimentichiamo neppure che quell’aereo conservò anche una straordinaria integrità strutturale quando urtò con la pancia e rotolò su se stesso, una manovra che nessuno aveva previsto alla Boeing nei parametri dei progettisti. La prova di tutto questo la si doveva dedurre dallo stato dei passeggeri: c’erano più di trenta corpi e nessuno era rimasto mutilato di un solo arto. Se l’apparecchio non avesse preso fuoco, ci sarebbero stati perfino dei volti intatti.
Ho sempre pensato che sarebbe uno spettacolo straordinario quello di poter assistere agli ultimi secondi della propria vita. O preferireste davvero morire nel vostro letto?
Be’, può darsi. Tanto morire in un modo o nell’altro non fa poi una gran differenza.

UN ROMBO DI TUONO»

Testimonianza di Bili Smith
Il mio telefono squillò la mattina del 10 dicembre, giusto un attimo prima dell’una.
Potrei chiudere qui e limitarmi a dire che il mio telefono squillava, ma ciò non basterebbe a comunicare l’importanza dell’avvenimento.
Una volta mi era capitato di spendere settecento dollari per una sveglia. Quando l’avevo comperata però non era ancora una sveglia e quando avevo finito di trafficarci sopra era molto di più. Il cuore dell’apparecchio era una sirena dell’allarme antiaereo, surplus della seconda guerra mondiale. Avevo aggiunto una cosina qua e una là e alla fine del mio lavoro non si sa bene chi tra lei e il terremoto di San Francisco sarebbe riuscito a tirare giù più gente dal letto.
Più tardi a questa macchina infernale avevo collegato il mio secondo telefono.
Mi ero procurato il secondo apparecchio quando mi ero accorto che ogni volta che suonava il primo facevo un balzo fino al soffitto. Solo sei persone dell’ufficio conoscevano il numero del nuovo telefono e così avevo brillantemente risolto due problemi. Avevo smesso di sussultare ad ogni squillo dell’apparecchio e non venivo più svegliato da qualcuno che veniva a dirmi che c’era stato l’allarme, che mi avevano chiamato, che io non avevo risposto e che quindi, qualcun altro aveva preso il mio posto nella squadra d’emergenza.
Vedete, io sono uno di quelli che dormono come un sasso. Lo sono sempre stato; per mandarmi a scuola mia madre doveva letteralmente buttarmi giù dal letto. Perfino in Marina, mentre tutti quelli attorno a me perdevano il sonno pensando al ponte di volo che li attendeva al mattino, io ronfavo tranquillo tutta notte e ci voleva il vocione del comandante per svegliarmi all’ora stabilita.E poi, bevo anche un po’. Sapete com’è. Da principio si comincia a bere solo ai party. Poi seguono un paio di bicchierini al termine della giornata. Dopo il divorzio avevo cominciato a bere da solo, perché per la prima volta in vita mia avevo difficoltà a prendere sonno. So benissimo che quello è appunto uno dei segnali premonitori, ma siamo ancora mille miglia lontani dall’alcolismo vero e propri Avevo però cominciato a prendere l’abitudine di arrivare i ritardo in ufficio e avevo deciso che era meglio prendere qualche provvedimento prima che ci pensasse qualcuno più in alt di me. Tom Stanley mi aveva consigliato di rivolgermi a uno psicologo, ma io ritengo che la mia sveglia speciale funzioni altre tanto bene. C’è sempre modo di risolvere i propri problemi, basta esaminarli e prendere gli opportuni provvedimenti. Per esempio, quando mi ero accorto che per tre settimane fila avevo bloccato la sveglia e mi ero rimesso a dormire, avevo spostato l’interruttore in cucina e lo avevo collegato alla ma china del caffè, perché quando si è già in piedi e il caffè comincia a gorgogliare, è ormai troppo tardi per tornare a dormir In ufficio ridevamo tutti di questa faccenda, la trovavano molto divertente. D’accordo, anche i topolini che corrono l’impazzata in un labirinto sono divertenti. E magari siete degli individui perfettamente equilibrati, senza un solo ingranaggio che stride o una molla troppo carica, ma se è così non voglio sentirne parlare. Andate a raccontarlo al vostro psichiatra. Così dicevo, il mio telefono squillò. Mi rizzai a sedere, guardandomi attorno, e mi resi conto che era ancora buio e capii che quello non era l’inizio di un’altra normale giornata in ufficio. Poi afferrai il ricevitore prima che il telefono facesse saltare via anche il secondo strato di vernice dai muri. Immagino che ci misi un po’ per portarmelo all’orecchi Avevo bevuto qualche bicchierino non troppe ore prima e no ero certo nella mia forma migliore soprattutto se svegliato i quel modo, sia pure per una chiamata d’urgenza. Sentii un silenzio sibilante, poi una voce incerta. – Il signor Smith? – Era una centralinista notturna della Commissione, una donna che non avevo mai conosciuto di persona.- Sì, sono io. – Attenda, prego, le passo il signor Petcher. Poi anche il sibilo scomparve e prima che potessi protestare…

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